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Sacco Inferiore Museo all'aperto
La storia
di Vaninetti Serafino


SACCO INFERIORE – Casolari rurali del XVI-XVII secolo  primi insiedamenti dei Vaninetti

 
Il 2 gennaio il 13 e 31 marzo del 1458 Sacco Inferiore e Morbegno, s’incontrano per definire il contratto d’unione che vi era fra le due comunità.
Arbitri di tale querelle furono: per Morbegno Pietro De Gabellari prete della Chiesa di San Martino di Morbegno, per Sacco Giacomo Bonomo De Filipponi detto il “Malagugino” e Martino Bonini* procuratore di Sacco Inferiore.
Per Cosio il frate domenicano Lucca Da Lecco e Giacomo Francesco cappellano della chiesa di San Giovanni.
Erano presenti il Marchesino e Giovanni della famiglia Filipponi a causa delle primizie che gli abitanti di Sacco Inferiore davano alla chiesa di San Martino di Morbegno e al suo parroco.
L’atto liberatorio si fissa per il 13 marzo e al 31 dello stesso mese per definire l’arbitrato, che stabiliva l’obbligo per gli uomini di Sacco Inferiore, di versare a Morbegno le primizie in arretrato non consegnate dal 1456.
Le primizie consistevano in granaglie di frumento, segale, castagne secche e panico (miglio).
Mezzo quartaro* per il 1456 e un quartaro per il 1457 per ogni fuoco ivi esistente.
Per otto anni da pagare al parroco di Morbegno, dieci quartari di segale e Lire 200 terzaioli che serviranno a comperare beni, come campi e prati che equipareranno l’equivalente dei dieci quartari di segale.
Dopo di che gli abitanti di Sacco Inferiore, saranno liberi. Guidossio Castellari di Argegno fu il notaio.

Da scritti storici attinti da “Vie del Bene” Rinaldo Rapella ci fa scoprire le vicende di Sacco Inferiore di quel tempo. Esso segnala che l’antico confine fra Cosio e Morbegno era il torrente Bitto, per tutta la sua lunghezza, dalla foce del Rio fiume nel Bitto, fino all’Adda.
Fra le due comunità però in quel tempo, non scorreva buon sangue, Cosio ampia nel territorio e potente per la presenza delle famiglie feudatarie dei Vicedomini dominavano dal loro castello inattaccabile di Cosio e comandavano tutta la bassa Valtellina. Succedeva che la comunità di Cosio arrivava perfino ad impedire il passaggio della via per il lago ai Morbegnesi, razziando i viandanti delle robe e anche uccidendole
Sacco Inferiore invece era incorporato alla chiesa di S.Martino di Morbegno e confinava per tutta la lunghezza.Con l’atto di separazione del 1458 gli animi della gente di Sacco di Sotto erano particolarmente accesi.
La sponda sinistra del Bitto scrive Rinaldo Rapella era solo campagna non abitata e la gente sopratutto di Sacco Inferiore vi si stabiliva costruendo nuove abitazioni.
Lo attesta anche Giovanni Guler nella sua opera Retia, accenna Morbegno “ come cittadina che sorgeva sulla sponda destra del fiume e aveva in basso un sobborgo, cinto parimenti di fossato e mura chiamato Borgosalvo.
Sulla riva sinistra del Bitto venne pure sorgendo un altro sobborgo molto signorile che si chiama “Nuova Murantola”e questo venne unito alla città mediante un ponte nella posizione identica dove sorge ora.
Fra le famiglie scese da Sacco sulla sponda sinistra del Bitto, quando era territorio di Cosio, ci fu quella potente dei Malaguzzini o Malaguccini.
Famiglia originaria di Averara Val Brembana che si chiamava allora Bonino arrivava a Sacco l’anno 1324*.
Un loro discendente Martino nel 1416 veniva chiamato Malaguzzo e i figli del quale erano detti Malaguzzini. Tale nome loro dato è presto inteso, non solo di nome ma anche di fatto.
Nel 1466 un Malaguzzino otteneva da Bianca e Galeazzo Maria Sforza un diploma di “generosa nobiltà” a riconoscimento delle sue benemerenze verso i Duchi di Milano.
La discesa da Sacco dei Malaguzzini sulla sponda sinistra del Bitto pare risalga al 1466.
A questo proposito F.S. Quadrio nelle sue dissertazioni criticho – storiche intorno alla Valtellina Dice: La famiglia Malaguzzini era veramente naturale di Sacco la cui comunità una volta si estendeva sino alla metà del ponte del Bitto che passa per Morbegno avendo essa di là da detto ponte l’abitazione sua che oggi 1755 si chiama palazzo perciò ognora di Sacco considerata.


Locale del Telaio
fam.Vaninetti Stefano
(Stefèn)

Affresco XVI secolo Fam. (Gianin)



Lo spostamento a sera, al di là del Bitto dei confini fra Morbegno e Cosio pare sia stato fatto nel 1530, in quanto gli abitanti oltre il Bitto partecipavano da tempo alla vita civile e religiosa di Morbegno.
Fra queste notizie di Rinaldo Rapella nelle “Vie del Bene” racconta anche un fattaccio che ben illustra, con particolari gli screzi fra Sacco e Morbegno capitato nel aprile dell’anno 1553.
Di la del Bitto attorniato dai suoi amici e sostenitori in gran parte oriundi di Sacco, abitava il canonico Giacomo Malaguzzini discendente dell’illustre famiglia.
Questo canonico non tanto ben visto, perchè gretto, attaccato al denaro, pieno di ambizioni e voglioso di comandare.
Sorretto dai suoi amici e sostenitori, si era messo in mente di diventare lui il nuovo parroco di Morbegno, sebbene la maggioranza della popolazione fosse contraria.
Dopo vari tentativi andati a vuoto, per essere eletto, con testardo ripicco rendeva impossibile la presa di possesso dei parroci scelti dal popolo, fin tanto che si insediava lui di prepotenza.
Malgrado l’intervento diretto dal Papa Giulio III che con particolare breve del 27 ottobre 1552, che lo rimuoveva del posto abusivamente occupato, di nuovo il canonico non desisteva dalla voglia di diventare reggente della parrocchia di Morbegno, per cui continuava a lottare fino all’anno 1558, quando si ritirava dalla lotta, avendo finalmente capito che il popolo di Morbegno non voleva lui come pastore.
Proprio in quel periodo a Sacco Inferiore (Sacco di Sotto) moriva un certo Leone figlio del fu Vincenzo de Malerio abitante ancora a Sacco di Sotto, grande amico e sostenitore del canonico Giacomo Malaguzzini .
Parenti ed Amici di questo defunto, accampando l’antico diritto di sepoltura nel cimitero di San Martino a Morbegno, uso conservato anche dopo il distacco dalla chiesa di San Martino. I fautori di Sacco e naturalmente il Canonico, decidevano di seppellirlo in quel camposanto.
I morbegnesi del tempo si opponevano, forse per far dispetto al canonico, ma questo prendeva di petto la situazione e accompagnato da uno stuolo di abitanti di Sacco, cercava di eseguire la sepoltura con prepotenza .
Alcuni avversari del canonico davano l’allarme e subito una folla numerosa e tumultuosa si precipitava nel cimitero, per impedire il seppellimento.
Prima solo a parole, poi d’ambo le parti si metteva mano a grosse pietre che si scagliavano addosso da una parte all’’altra, con ira furibonda.
Nella mischia rimanevano feriti più o meno gravemente tre di Sacco: Ser Giacomino Tapparino, Giovanni Bezzolo e Ser Giovanni detto Giovannone, tutti gli altri di Sacco con il Canonico in forte inferiorità numerica, fuggivano con il morto e si rifugiavano nuovamente a Sacco per seppellirlo lassù.

Abitazione XV secolo
Restauro conservativo

Forse qui sorgeva la chiesa
di sant’Antonio

Case esistenti al  tempo del “fattaccio”che  potevano  essere abitate  da qualcuno  di questi antichi e nostrani paesani, che volevano conservare il diritto di sepoltura nel cimitero di San Martino a Morbegno. 

 

    Il fattaccio finiva davanti al pretore di Morbegno Giovanni Nott, il quale venne subito a trovarsi in condizioni di non saper cosa fare.

Non voleva dar ragione al canonico Malaguzzini per il suo comportamento, che da tempo faceva tribolare e dall’altro lato della querelle,  i probivibiri di Morbegno facevano pressione che tutto fosse  messo a tacere.

 Sta di fatto che svaniti i clamori del fattaccio  il pretore Nott con un “atto liberatorio” redatto il 14 aprile 1453 dal notaio Schenardo, dopo aver nominato i fatti senza nominare i turbolenti di Morbegno, annullava la notificazione del processo, si libera, si assolve e si grazia alcune persone di Morbegno accusate di aver ostacolato la sepoltura di Leone figlio del fu Vincenzo de Malerio, da parte del sacerdote Malaguzzini aiutato da alcune persone di Sacco. 

Rinaldo Rapella da me conosciuto mi riportava  con grande sapienza storica queste notizie che portano indietro al tempo in cui Sacco Inferiore era cosi importante da poter contendere e confrontarsi con Morbegno, ma anche al tempo e come succede   tutt’ora con i più forti arduo è  trovar la  ragione.  

Lo stesso si può dire della giustizia Grigionese del pretore Nott, che i nostri vecchi lconoscevano bene, avevano coniato un detto che va bene per tutti: “dio ci salvi de la saèta e dei trun e de la giustizia dei Grisun”.

A  voce  Rinaldo Rapella si accalorava ostentando simpatia a stima per il paese di Sacco, per la sua gente, lavoratori forti ingegnosi ed onesti, riferiva  che fra le carte d’archivio,  aveva trovato un altro fatto di quel periodo che riguardava ancora Sacco.

Non rivelò titoli ne data dell’avvenimento, le carte da lui conosciute, affermavano che un manipolo di Morbegnesi in quel di Sacco avevano molestato alcune ragazze. Saputo delle azioni empie dei Morbegnesi, i capifamiglia  delle giovani scesero in Morbegno fecero la loro giustizia, senza rivolgersi alle autorità giudiziarie.    

Anche negli atti del Niguarda si da valore a questo tipo di iniquità giuridica e anche religiosa,  alla località di Sacco Inferiore si attribuiva  il titolo di parrocchia di Sant’Antonio Abate che nel 1400 comprendeva le case della Ciöda, della Cösta, di Campione (Bona Lombarda) con la sua chiesa di San. Antonio e San Carlo con chiesetta e  abitazioni appena  sopra Morbegno.

Questo piccolo tempio fu officiato con una messa ogni anno il giorno di San Carlo dai parroci di Sacco, Don Clerici Domenico fu l’ultimo a celebrare la messa  nel 1941. A  ricordo i fedeli di Sacco scendevano numerosi.                         

La chiesa ha un piccolo campanile con spazio per una sola campana che fu sottratta da ignoti, appena dopo la guerra seconda guerra mondiale.

L’incuria e il tempo fecero il resto, tuttora della chiesa rimangono le mura e portali bordati da graniti lavorati in parte  razziati, le  pareti interne  senza ombra dei magnifici affreschi di un tempo, scrostati per umidità che scende dalla volta senza più la copertura del tetto.

L’insieme di San Carlo con le sue case a fianco, nello sfacelo  assoluto, denotano ancora un antico patrimonio d’architettura che al visitatore sembrerebbe impensabile, che questo magnifico luogo sia lasciato in queste condizioni.

Cappella a ricordo di Bona Lombarda

Antica dimora di Campione
(Bona Lombarda)

Affresco XIX secolo

Tutte queste località erano collegate dalla vecchia strada per Gerola che saliva da Santa Maria a Regoledo di Cosio, saliva a San Carlo e poi Campione, qui si congiungeva a monte con quella arrivava da Cosio (vedi tracce nella conca sotto la il cippo di Bona Lombarda) poi quasi pianeggiante attraversava la Müghèra* toccando la casa della Cösta centro importante per il suo molino frantoio manovrato a mano (ora esposto Museovanseraf) e torchio per uve. Poi su fino a Sacco Inferiore per proseguire pianeggiante fino alle case dell’antica San Martino (Ora frazione Dosso) un altro punto importante, qui era impiantato l’antico maglio che lavorava il ferro del forno di Gerola, sfruttando le acque del Rio fiume.

Casa della Costa  ricca costruzione
del XVI sec.

Nicchia con affresco
Madonna con Bambino

Ma tornando alla causa con Morbegno, per otto anni gli abitanti dovettero pagare il tributo, poi Sacco Inferiore si congiunse a Sacco Superiore come attualmente, ed il tutto a Cosio.
E’ quindi evidente che la controversia con Morbegno ed il suo scioglimento, il movente era l’interesse particolaristico più proficuo nel congiungersi con Sacco Superiore e Cosio.
Sacco; forte di quest’unione già l’anno 1458 si disgiungeva dalla parrocchia di Cosio e formava la parrocchia di Sacco.
Fu in questo periodo di tranquillità politica che in paese fiorirono gli affreschi della camera picta con l’homo salvadego e altri sparsi nelle facciate di case nel paese che ancora esistenti.


Casa della Ciöda xv secolo

 

Sacco Inferiore pur dotato d'importante sostanza territoriale, impresaria e religiosa per le sue tre chiese, non fu mai parrocchia, il motivo era l’assoggettamento con le autorità religiose di Morbegno, che mai la concedettero per egoismo dovuto allo sfruttamento dei terreni che possedevano e da contratti capestro con la gente di Sacco Inferiore.
Quest’autonomia così agognata quale parrocchia di San Antonio Abate e mai avuta, causò tal sorte anche per quella civile.
Dell’antica chiesa di Sant’Antonio, pur con accurate i ricerche oggi non rimane più alcuna traccia dove fu costruita. Si può presumere che la chiesa fosse nelle vicinanze dove a suo ricordo fu eretta una cappella (Gisöl) dedicata a San Antonio dai paesani di Sacco Inferiore. Rimane una osservazione: accanto al tempietto c’è l’unica piazza e fontana sorgiva di Sacco Inferiore, pietre murarie ben lavorate nelle case esistenti che la contornano, forse recuperate dai muri dell’antica chiesa di San Antonio.
La situazione di vita esistente fra gli abitanti di quel tempo non poteva essere che di dura vita, nelle strette vie collegamento, tutto era trasportato a spalla, il tributo da pagare strappato con il lavoro della terra. Tutto questo fa capire il motivo d’unione con Sacco superiore.
Sotto gli occhi, ci sono ancora i muri a secco per sostenere piccoli fazzoletti di terra in terreni quasi inaccessibili.
Il miglio, la segale, le castagne in particolare erano i frutti indispensabili per la sopravivenza.
I campi seminati a canapa venivano dissodati in impervie boscaglie per dar più spazio ai terreni più fertili, destinati ai foraggi per il bestiame, patrimonio non disponibile a tutte le famiglie.
La castagna era un frutto miracoloso, lo dimostrano vecchi castagni ancora in vita ai giorni nostri che vivevano gia allora in quei capitoli di storia
Il suo frutto era appetibile appena raccolto, se essiccata durava tutto l’anno e sfamava animali e persone.
A Sacco Inferiore il numero dei locali “le graa” adibiti all’essiccatura ancora nel 1960 se ne potevano contare più di dieci.

La più vecchia risulta quella di Vaninetti Bernardo (Bernacao) che porta ben visibile la data 1667 intagliata da un antica mano sul ceppo di legno che fa da cappello nella porta d’entrata.

Portale essicatoio delle castagne
“graa” datato da quel tempo.

Antica tecnica muraria
sulla stessa casa

Le piante di castagno nella campagna erano disposte sul terreno a larghe distanze favorendo così, anche la crescita di foraggio.
Tutto era scandito dal tempo, quello della semina, il taglio del fieno, dalla raccolta dei cereali, miglio, segale, orzo e frumento. Per la vestizione regina era la canapa, quasi tutte le famiglie disponevano di un piccolo e basso locale dove era installato il telaio, strumento femminile che lavorava tutto l’arco di luce della giornata. Strumenti che raccontano la storia del paese, in visione presso il museovanseraf.
Nell’inverno il tempo veniva riservato al taglio della legna, la mazza del maiale.Quello si che era un giorno di festa! Tutti quel giorno potevano mangiare un piatto con la carne.
Mi concedo una riflessione: questa vita faticosa tutta dedicata al lavoro per accumulare le risorse di cibo, di legna per il riscaldamento, foraggi e assistenza per il bestiame, non mancavano però le soddisfazioni di un buon raccolto, la gioia di riposare con un gerlo carico, la felicità e soddisfazione del bel tempo nella fienagione.
In quel tempo nel paese non esistevano osterie, i ritrovi erano le stalle d’inverno riscaldate dagli animali, d’estate sull’aia delle case o sui pascoli, dove si parlava di lavoro, riuniti si cantava in compagnia, li nascevano nuovi amori, non mancava mai l’immaginario nelle storie e favole che soddisfacevano tutti i presenti.
Tutto questo era calore, affari e amicizia, amore, passionalità e spettacolo, che si godevano nell’’insieme e dal racconto.
Ai giorni nostri abbiamo perduto questa unione di vita che ci accomunava, oggi è venuta l’opulenza, le comodità e tecnologie spettacolari, gli ingredienti però per soddisfare la gente sono sempre gli stessi, forse siamo meno felici e insicuri del futuro. Almeno credo.

Casa XVIII secolo datata  1715

Camino casa precedente

Casa rurale XVIII secolo
fam. Vaninetti Stefano

Fu questa famiglia Abbondio fu Bonomo De Filipponis de Sacho che scesa a Morbegno nei primi decenni del 1300 e Bonini Martino di Sacco Inferiore che perorò e arbitrò la causa con la chiesa di San Martino di Morbegno contro Sacco Inferiore.
I discendenti di questo Bonini che fu Procuratore nella causa. è un antenato importantissimo perché è diretto discendente di un certo Bertolomeo Bonina di Alberto Della Fontana, che si stabilisce con la famiglia a Sacco nel 1324.
Originari della Val Brembana e specialmente del Veneto che poi tanti discesero al piano, in particolare i Vaninetti con vari notai e preti, ma anche i Malaguzzini, i Cornaggia, i Baccomo, Conti, De Giobbi, Gambetta, Pirondini .
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